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Tari 2016: affitto, immobili vuoti e sfitti

10/10/2016

Come ci si comporta per il pagamento della Tari in caso di affitto o locazione di immobili residenziali, o di immobili sfitti o vuoti? Tutte le informazioni per non rischiare di incorrere in sanzioni e pagamenti elevati.

 

La Tari (Tassa RIfiuti) è l’imposta comunale istituita con la Legge di Stabilità 2014 che prende il posto della vecchia Tares e deve essere corrisposta dai cittadini in possesso o in detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. In sostanza, la tassa sui rifiuti prevede che la somma da versare al Comune sia dovuta dagli inquilini, indipendentemente se proprietari o affittuari.

 

Cosa succede in caso di pluralità di possessori o di detentori? I proprietari e gli affittuari sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria? E cosa si prevede invece in caso di immobili sfitti o vuoti?

 

In linea generale, possiamo affermare che in caso di detenzione temporanea di durata non superiore a 6 mesi nel corso dello stesso anno solare, la Tari è dovuta soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione o superficie. Nel caso di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati, il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento della Tari dovuta per i locali e le aree scoperte di uso comune e per i locali e le aree scoperte in uso esclusivo ai singoli possessori o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo.

 

Ecco, nello specifico, cosa è previsto dalla legge per quanto riguarda la Tari nel caso delle locazioni immobiliari.

 

Tari 2016 e locazioni immobiliari

Secondo quanto specificato nel paragrafo precedente, la TARI non grava sul proprietario ma grava sul conduttore dell’immobile ossia sull’inquilino, almeno in linea generale.

 

Nella prassi può capitare che le parti, chi possiede l’immobile e chi vi abita, decidano liberamente che nel canone siano ricomprese anche le eventuali spese per imposte e tasse tra le quali può rientrare anche la TARI. Tuttavia è necessario porre attenzione e cercare di disciplinare questi comportamenti nel miglior modo possibile, in quanto eventuali patti in tal senso espongono a due tipi di problemi.

 

Un esempio? Supponiamo che sia stato deciso che le imposte di registro siano a carico di una solo delle parti: in questo caso non si hanno particolari problematiche in quanto la registrazione, seppur obbligatoria, grava su entrambi solidalmente per cui la provenienza del pagamento non sarà un problema per il fisco. Il soggetto che paga libera l’altro ed il mancato pagamento farà scattare le sanzioni su entrambi in modo solidale.

 

Cosa succede nel caso della TARI? Diversamente dalle imposte di registro, il problema si presenta ed è duplice:

 

da un lato il soggetto che non ha versato la tassa sarà soggetto a sanzioni (situazione comunque rimediabile grazie al ravvedimento operoso che sarà necessario per ridurre le ben più salate sanzioni o multe che salirebbero al 30% in caso di accertamento fiscale);

dall’altra il soggetto che ha pagato si troverebbe ad aver corrisposto una somma maggiore all’erario dovendola invece richiedere a rimborso con una apposita istanza da presentare al Comune dove è situato l’immobile.

L’unica possibilità per evitare le sanzioni sarebbe quella di invocare il passaggio normativo che fa riferimento alla pluralità di possessori o di detentori: “essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria”, tuttavia il riferimento alla parola detentore può essere riferito a proprietario e inquilino alternativamente. Laddove questa posizione possa essere accolta, allora il pagamento del proprietario libererebbe l’inquilino.

 

Tuttavia resto al momento dell’avviso che la previsione contrattuale o anche un semplice accordo verbale che fa ricadere su un soggetto il pagamento del tributo non libera l’altro e non ha effetti giuridici. Il motivo? Per il fisco sono soggetti distinti con una autonoma obbligazione tributaria per cui anche in caso di accertamento bisognerà a pagare salvo diverse disposizioni da parte del Comune.

 

Tari e locali sfitti o vuoti

Cosa succede invece in caso di immobili sfitti o vuoti? Questa è un’altra domanda che interessa i soggetti titolari di immobili che spesso vengono concessi in locazione ma che per alcuni periodi sono sfitti o vuoti. Purtroppo anche in questo caso è necessario corrispondere la TARI, che si applica quindi anche ai locali vuoti. Costo, questo, che va ad aggiungersi agli altri che gravano sui proprietari di immobili che non vengono affittati o che temporaneamente sono vuoti.

 

Il riferimento normativo è contenuto nell’Articolo 1, comma 640 e ss, della Legge 147/2013. L’articolo, ovviamente, specifica che l’imposta unica comunale (IUC) si basa su due presupposti impositivi, uno costituito dal possesso di immobili e collegato alla loro natura e valore e l’altro collegato all’erogazione e alla fruizione di servizi comunali. La IUC si compone dell’imposta municipale propria (IMU), di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali, e di una componente riferita ai servizi, che si articola nel tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell’utilizzatore dell’immobile, escluse le unità immobiliari destinate ad abitazione principale dal possessore nonché dall’utilizzatore e dal suo nucleo familiare, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, e nella tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell’utilizzatore.

L’aliquota massima complessiva dell’IMU e della TASI non puo’ superare i limiti prefissati per la sola IMU, come stabilito dal comma 677.

 

Come già specificato, il presupposto della TARI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva.

 

La Tassa sui rifiuti è quindi dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. In caso di pluralità di possessori o di detentori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria.

In caso di detenzione temporanea di durata non superiore a sei mesi nel corso dello stesso anno solare, la TARI è dovuta soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprieta’, usufrutto, uso, abitazione o superficie.

 

Come fare per calcolare la Tari?

La TARI è un tributo composto da una parte fissa ed una variabile, oltre al tributo provinciale, senza che, ovviamente, abbia luogo l’applicazione diretta dell’IVA a carico del contribuente. L’IVA, infatti, è applicabile solo nel caso in cui la TARI rappresenti il corrispettivo per il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti come previsto dall’articolo 1, comma 668, Legge di Stabilita 2014.

 

La parte fissa viene determinata tenendo conto delle componenti del costo del servizio di igiene urbana come investimenti e relativi ammortamenti, spazzamento delle strade e così via, mentre la parte variabile è destinata alla copertura dei costi del servizio rifiuti integrato (raccolta, trasporto, trattamento, riciclo, smaltimento) ed è rapportata alla quantità di rifiuti presumibilmente prodotti dal contribuente. All’importo del Tributo è necessario aggiungere il 5% per il Tributo provinciale per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione ed igiene ambientale. In sostanza, si moltiplica la superficie “calpestabile” dei locali (ovvero i metri quadrati netti misurati al filo interno delle murature) per la tariffa fissa unitaria, e poi si aggiunge la tariffa variabile. Per gli immobili a destinazione commerciale, la base imponibile rimane la superficie catastale moltiplicata per la tariffa fissa e variabile secondo la classificazione delle categorie.

 

Uno dei documenti che può essere utile per calcolare la Tari è la visura catastale per immobile. Il motivo? La visura catastale per immobile riporta dati quali:

 

catasto Terreni o Fabbricati

Comune

dati identificativi catastali

superficie e metri quadri

categoria, classe e rendita

soggetti (persone o società) intestatari dell’immobile

che permettono di calcolare la Tari senza errori. Le visure catastali hanno una finalità specificatamente fiscale e reddituale, non giuridica. Da questo si evince che il Catasto italiano non ha carattere probatorio e che pertanto le visure catastali non possono provare l’esistenza di un diritto reale e la titolarità giuridica dell’intestatario relativamente al bene immobile indicato nella visura catastale.

 

Riduzioni e incentivi per la Tari

Nonostante la Tari debba essere pagata sempre, esistono degli incentivi per chi effettua la raccolta differenziata e per chi la effettua usufruendo degli appositi centri di raccolta. Il Comune, nel disciplinare le riduzioni della TARI per raccolta differenziata, può anche prevedere di riconoscere la riduzione solo a chi conferisce in appositi centri di raccolta (soprattutto quando la raccolta differenziata viene effettuata con contenitori stradali ed è quindi impossibile individuare i singoli conferitori). È legittimo prevedere riconoscimenti premiali a chi ha determinati comportamenti positivi nel conferimento alla raccolta differenziata, comportamenti da determinare in base alle specificità del sistema di gestione adottato localmente.

 

Altre riduzioni sono previste tenendo conto del numero degli abitanti nell’immobile, al fine della determinazione della tariffa per le utenze domestiche residenti, nel caso in cui alcuni dei residenti siano assenti per lunghi periodi di lavoro o studio. Occorre però disciplinare correttamente sia la presentazione preventiva delle domande, che dovrebbe essere rinnovata annualmente, e della documentazione che attesta l’effettiva assenza dalla residenza. Si ritiene che l’assenza dalla residenza debba essere superiore ad un congruo periodo, di massima sei mesi nel corso dell’anno per giustificare la richiesta.

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