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Partita Iva e regime forfettario: le novità e i vantaggi per il 2016

Legge di Stabilità 2016: ecco i chiarimenti e novità sulle Partite Iva in regime forfettario dall’Agenzia delle Entrate.

26/04/2016 Autore: P.B.

Il sito dell’Agenzia delle Entrate ha pubblicato i chiarimenti indirizzati a imprenditori e professionisti che vogliono accedere al regime forfettario delle partite Iva 2016 così come previste dalla nuova Legge di Stabilità. Ecco quali sono le novità e i vantaggi per chi vuole aprire la partita Iva quest’anno.

 

Le novità sulla Partita Iva in regime forfettario dei minimi

Come anticipato, con l’ultima circolare 10 del 2016, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti sulle modalità di utilizzo, accesso e gestione del nuovo regime fiscale agevolato per i contribuenti di modeste dimensioni.

 

Per quanto riguarda le semplificazioni si precisa che, come già avveniva per il regime dei contribuenti minimi e per il regime fiscale di vantaggio, contribuenti in regime forfetario non addebitano l’Iva in rivalsa né esercitano il diritto alla detrazione dell’imposta assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti nazionali, comunitari e sulle importazioni. Le fatture emesse non devono, pertanto, recare l’addebito dell’imposta.

 

I soggetti che applicano il regime forfetario sono esonerati dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’imposta e da tutti gli obblighi contabili e dichiarativi previsti dal D.P.R. n. 633 del 1972, ossia dalla:

 

registrazione delle fatture emesse

registrazione dei corrispettivi

registrazione degli acquisti

tenuta e conservazione dei registri e documenti, fatta eccezione per le fatture e i documenti di acquisto e le bollette doganali di importazione;

dichiarazione e comunicazione annuale IVA.

In considerazione di quanto precisato nella relazione illustrativa, si ritiene che i medesimi contribuenti possano considerarsi esonerati:

 

dall’obbligo di effettuare la comunicazione di cui all’articolo 21, comma 1, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 (comunicazione telematica all’Agenzia delle entrate delle operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto – cd. spesometro);

dall’obbligo di comunicazione di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito dalla legge 22 maggio 2010, n. 73 (comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate delle operazioni effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list).

Cosa succede invece con gli adempimenti dei contribuenti con partita Iva che applicano il regime forfettario? Proprio come i contribuenti che applicavano il regime dei minimi e di vantaggio, anche loro restano soggetti a:

 

numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali

certificazione dei corrispettivi, fatta eccezione per quelle attività esonerate ai sensi dell’articolo 2 del D.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696 (purché, in ogni caso, ottemperino all’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante l’annotazione in un apposito registro cronologico, effettuata con le modalità previste dall’art. 24 del D.P.R. n. 633 del 1972 (cfr risoluzione n. 108/E del 23 aprile 2009).

integrazione delle fatture per le operazioni di cui risultano debitori di imposta con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, da versare entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni, senza diritto alla detrazione dell’imposta relativa.

Operazioni con operatori non contribuenti

Diversamente da quanto succedeva nel passato, sono state precisate le disposizioni che bisogna applicare nel caso vengano effettuate operazioni attive e passive con operatori non residenti.

 

In particolare, i contribuenti che applicano il regime forfetario sono tenuti ad assolvere i seguenti adempimenti:

 

cessioni di beni intracomunitarie: le cessioni di beni effettuate nei confronti di soggetti appartenenti ad altro Stato membro dell’Unione Europea, continuano, come nel precedente regime fiscale di vantaggio, a non essere considerate cessioni intracomunitarie in senso tecnico, essendo assimilate alle operazioni interne, per le quali l’IVA non viene evidenziata in fattura. Il cedente deve indicare nella fattura emessa nei confronti dell’operatore comunitario che l’operazione, soggetta al regime in esame, “non costituisce cessione intracomunitaria ai sensi dell’articolo 41, comma 2-bis, del D.L. 30 agosto1993, n. 331“. Non essendo considerate cessioni intracomunitarie, i medesimi contribuenti non sono tenuti ad iscriversi nella banca dati VIES, né alla compilazione degli elenchi riepilogativi Intrastat

acquisti di beni intracomunitari: diversamente dal passato, gli acquisti di beni intracomunitari sono ora, per espressa previsione di legge, soggetti alle disposizioni contenute nell’articolo 38, comma 5, lettera c) del D.L. n. 331 del 1993, secondo cui “non costituiscono acquisti intracomunitari gli acquisti di beni, diversi dai mezzi di trasporto nuovi e da quelli soggetti ad accisa, effettuati dai soggetti indicati nel comma 3, lettera c), dai soggetti passivi per i quali l’imposta è totalmente indetraibile a norma dell’articolo 19, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e dai produttori agricoli di cui all’articolo 34 dello stesso decreto che non abbiano optato per l’applicazione dell’imposta nei modi ordinari se l’ammontare complessivo degli acquisti intracomunitari e degli acquisti di cui all’articolo 40, comma 3, del presente decreto, effettuati nell’anno solare precedente, non ha superato 10.000 euro e fino a quando, nell’anno in corso, tale limite non è superato. L’ammontare complessivo degli acquisti è assunto al netto dell’imposta sul valore aggiunto e al netto degli acquisti di mezzi di trasporto nuovi di cui al comma 4 del presente articolo e degli acquisti di prodotti soggetti ad accisa;“.

Pertanto, laddove gli acquisti da Paesi comunitari siano di ammontare inferiore ai 10.000 euro, l’IVA è assolta dal cedente nel paese di origine dei beni e, conseguentemente, il cessionario che applica il regime forfetario non ha l’obbligo di iscriversi al VIES, né di compilare gli elenchi riepilogativi Intrastat, salva la possibilità per lo stesso di optare per l’applicazione dell’imposta in Italia anche prima del raggiungimento della soglia.

 

Quando, invece, gli acquisti intracomunitari superano il limite dei 10.000 euro l’acquisto assume rilevanza in Italia, secondo le regole ordinarie degli acquisti Ue, e pertanto il cessionario che applica il regime forfetario deve adempiere ai seguenti obblighi:

 

iscrizione al VIES (cfr articolo 35, comma 2, lett. e-bis) del dPR 26 ottobre 1972, n. 633);

integrazione della fattura rilasciata dal fornitore intracomunitario – in base al meccanismo di cui all’articolo 46, comma 1, D.L. 331 del 1993 – indicando l’aliquota dovuta e la relativa imposta, da versare entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, senza diritto alla detrazione dell’Iva relativa;

compilazione dell’elenco riepilogativo degli acquisti intracomunitari ex articolo 50 comma 6, del DL 331 del 1993.

Cosa succede nel caso di prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti o rese ai medesimi? Nel caso di acquisti di prestazioni di servizio intracomunitarie, l’IVA è sempre assolta in Italia, senza che a tal fine il legislatore abbia fissato una soglia minima. Il cessionario che applica il regime forfetario è soggetto ai medesimi adempimenti previsti con riferimento agli acquisti intracomunitari di beni per importo superiore a 10.000 euro.

 

Nel caso di prestazioni di servizio rese ad un committente, soggetto passivo d’imposta, stabilito in un altro Paese Ue, va emessa fattura senza addebito di imposta (articolo 7-ter del D.P.R. n. 633 del 1972) e compilato l’elenco Intrastat delle prestazioni di servizio rese.

 

Per quanto riguarda invece importazioni, esportazioni ed operazioni assimilate, come già anticipato, effettuare esportazioni non costituisce più motivo di preclusione all’accesso e/o permanenza nel regime forfetario.

 

Ritenuta d’acconto in fattura

Infine, c’è da sottolineare che i ricavi o i compensi percepiti da coloro che applicano il regime forfetario, in ragione dell’esiguità della misura dell’imposta sostitutiva, non sono soggetti alla ritenuta d’acconto. A tal fine, come già accadeva per i contribuenti in regime di vantaggio, è necessario che il contribuente rilasci un’apposita dichiarazione al sostituto dalla quale risulti che il reddito cui le somme percepite afferiscono è soggetto all’imposta sostitutiva in parola.

 

Nel caso in cui il contribuente erroneamente abbia subito delle ritenute e non sia più possibile correggere l’errore, le stesse potranno essere chieste a rimborso oppure scomputate in dichiarazione, a condizione che le stesse siano state regolarmente certificate dal sostituto d’imposta.

In tale evenienza, l’importo totale delle ritenute complessivamente subite sui ricavi e compensi afferenti al regime forfetario, andrà indicato per il periodo di imposta 2015, nel rigo RS 40 di “Unico 2016-PF“, denominato “Ritenute regime di vantaggio casi particolari”, e riportato, ai fini dello scomputo, nel rigo RN33, colonna 4 e/o nel rigo LM41 “Ritenute consorzio”.

 

I contribuenti che applicano il regime forfetario sono tenuti a conservare i documenti emessi e ricevuti, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 22 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché a presentare la dichiarazione dei redditi nei termini e con le modalità previste dal D.P.R. n. 322 del 1998.

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